Ridefinizione della conversione dell'alimentazione del punto di carico

Se chiedete a un architetto di sistemi quale sia il problema che più lo preoccupa, probabilmente vi risponderà che i dispositivi che alimentano il sistema occupano dal 30 al 50% dello spazio su scheda, per non parlare dei componenti necessari per il filtraggio e la soppressione delle interferenze elettromagnetiche. Nella maggior parte dei sistemi elettronici, dalle applicazioni consumer ai data center fino ai prodotti per la connettività di rete, l'alimentazione rimane uno dei vincoli maggiori alla riduzione dell'ingombro e dell'altezza.

Figura 1: L'architettura buck bistadio di Murata include una pompa di carica seguita da un regolatore a commutazione buck. (Immagine per gentile concessione di Murata)

Gli architetti di sistema hanno sempre fatto affidamento su convertitori buck per punto di carico (PoL) per trasformare in bassa tensione la corrente dai rail del bus, ad esempio 12 V, per alimentare i carichi del sistema, come processori core e per applicazioni (AP), ASIC di sistema e memoria. La conversione buck ha assicurato buoni risultati per decenni ed è stata migliorata per permettere di realizzare soluzioni economiche e affidabili. Tuttavia, per fare veramente un passo avanti in termini di densità di potenza, gli architetti di sistema non si possono fermare a miglioramenti iterativi. Per questo motivo, Murata ha presentato un convertitore PoL bistadio, composto da una pompa di carica seguita da un regolatore a commutazione buck, come mostra la Figura 1.

Per molti, un'idea di un'architettura a due stadi che assicura miglioramenti in termini di efficienza potrebbe essere tutt'altro che intuitiva, perché l'efficienza dei singoli stadi si deve moltiplicare. Tuttavia, grazie a tecniche innovative con condensatori commutati, la pompa di carica non ha praticamente perdite e garantisce un'efficienza eccezionale al primo stadio della conversione.

Se consideriamo l'esempio tipico di 12 Vin-1 Vout mostrato nella Figura 1, la pompa di carica usa condensatori per dividere la tensione in ingresso per un fattore di 3 da 12 V a 4 V. L'induttore buck del secondo stadio ora fa meno lavoro per convertire il carico finale da 4 V a 1 V. L'uso dei condensatori è un punto critico perché garantiscono più o meno 400 volte la densità energetica degli induttori. Le soluzioni che dipendono dall'accumulo capacitivo avranno intrinsecamente una densità di potenza maggiore. Ora, il regolatore buck del secondo stadio lavora a partire da una tensione di ingresso ridotta di 4 V anziché di 12 Vin. Per questo motivo, è possibile utilizzare transistor FET ad alta efficienza e bassa tensione che, combinati a un induttore in uscita di dimensioni ridotte, creano un regolatore buck estremamente efficiente, in grado di funzionare a frequenze molto elevate con rapida risposta ai transitori.

La Figura 2 mostra più da vicino un buck monostadio tradizionale confrontato all'architettura del buck bistadio.

Figura 2: Un convertitore buck monostadio tradizionale confrontato con uno bistadio di Murata. (Immagine per gentile concessione di Murata)

Considerate l'approccio buck monostadio più tradizionale illustrato nella Figura 2 da uno scenario 12 Vin a 1 Vout. Il nodo Vx (punto medio dei FET) oscilla da terra a Vin più i picchi transitori di energia presenti nell'induttanza di dispersione e nelle correnti parassite. Questo approccio significa che sono necessari FET a tensione superiore e le EMI probabilmente saranno un problema a causa della variazione di tensione rapida e della sovraoscillazione. L'induttore è quello che fa tutto il lavoro; questo aspetto, essendo piuttosto importante, influisce negativamente sull'efficienza e la risposta ai transitori. Inoltre, il FET high-side agisce da conduttore solo per 1/12o del tempo nello scenario 12:1 V. Questo causa una corrente pulsante molto elevata in ingresso che richiede disaccoppiamento aggiuntivo per ridurre gli effetti sulle EMI condotte. Questo funzionamento a ciclo di lavoro molto leggero limita anche la possibilità di operare a frequenze di commutazione molto elevate.

Confrontate questo approccio con l'implementazione bistadio di Murata riportata nella Figura 2. La pompa di carica riduce a fasi la tensione a passi interi, in questo esempio da 12 V a 8 V fino a 4 V, in modo che ogni stadio veda solo 4 V e possa sfruttare la tecnologia FET ad alta efficienza e bassa tensione. Il regolatore buck esegue l'ultimo passo della conversione da 4:1 V. La maggior parte del lavoro è già stata fatta alla pompa di carica capacitiva al primo stadio. Questa architettura consente la riduzione dell'induttore del secondo stadio e quindi permette di avere un design compatto a profilo ribassato, che può funzionare alle alte frequenze con una risposta ai transitori eccellente.

La pompa di carica del primo stadio è implementata a due fasi e va fuori fase al 50% del ciclo di lavoro. Il buck del secondo stadio funziona in prossimità del 25% del ciclo di lavoro, riducendo così la corrente di ingresso e pulsante. Entrambi i fattori si combinano per ridurre al minimo il ripple in ingresso e il profilo EMI del convertitore. Riepilogando, l'architettura a due stadi di Murata rappresenta un miglioramento in termini di efficienza, ingombro, profilo ed EMI.

Per ulteriori informazioni, potete guardare il webinar di Murata "Come Murata sta cambiando il paradigma della densità di potenza" (in inglese).

Informazioni su questo autore

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Tatsuya Kubo is a senior product marketing manager for the Murata power semiconductor portfolio, including high-efficiency buck converters, DC-DC point-of-load converters, and charge pumps. A 20-year veteran of the power electronics industry, he has worked in design, marketing, and business development roles at Murata. Kubo received his bachelor’s degree in electrical and electronics engineering from Ritsumeikan University in Japan.

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